Si è spento a 78 anni Franz Beckenbauer, uno, se non “il“, difensore più forte della storia del Calcio. Nella top 3 in questo ruolo, lui trova comodamente posto. Un peggioramento improvviso della sua malattia, il morbo di Parkinson, unito ad un scompenso cardiaco riemerso negli ultimi giorni e dal quale ne era parzialmente uscito dopo due operazioni nel 2019, sono risultati fatali.
BECKENBAUER: IL LASCITO AL CALCIO
Conosciuto come il Kaiser per via della sua leadership dentro e fuori dal campo, dettata da una personalità pungente e carismatica, il tedesco è stato uno dei primi difensori registi, di quelli che tanto vanno di moda oggi. Piedi educatissimi e una visione di gioco a 360 gradi uniti ad una capacità di lettura del gioco senza precedenti hanno fatto di lui uno dei più grandi interpreti del gioco del Calcio.
Se il Bayern Monaco è il club che conosciamo oggi, è merito suo. Se la Germania ha costruito il successo che ha avuto nel corso degli anni, è merito suo. Se nel corso della storia ci sono stati, e ci sono tuttora, difensori capaci di impostare, è merito suo. Due Palloni d’oro vinti nel 1972 e 1976, quarto posto dei migliori calciatori del XX secolo secondo la rivista World Soccer e terzo nella graduatoria stilata dall’IFFHS, la più importante federazione di storia e statistica specializzata nel Calcio.
BECKENBAUER E LA RIVALITA’ CON CRUIJFF
Oltre vent’anni di carriera segnati da tantissimi successi di squadra, come 5 Bundesliga, 3 Coppa di Campioni, un Europeo e due Mondiali, uno da calciatore e uno da allenatore, come solo Zagallo e Deschamps sono riusciti a fare. Il Mondiale giocato in casa del 1974 è stato l’apice della sua carriera, con il trionfo in finale per 2-1 contro l’Olanda di Johan Cruijff, quest’ultima considerata come la formazione che ha cambiato la storia del Calcio. La rivalità tra l’eclettico numero 14 olandese e il Kaiser tedesco ha segnato dieci anni di storia, fatta di grande stima e affetto reciproco. Non a caso, quando Johan scomparve nel marzo del 2016, un Beckenbauer commosso commentò:
“Lui non è stato solo un grande amico, ma un fratello”
LA GRANDEZZA IN UN ISTANTE
Se dovessimo spiegare la grandezza di Beckenbauer in un’immagine, catturare l’essenza di quello che ha dato al Calcio in un istante, non possiamo che scegliere l’iconica foto del Kaiser in campo con un braccio fasciato durante la semifinale dei Mondiali di Messico 70, giocata e persa contro l’Italia dopo i supplementari per 4-3. Quei 120 minuti giocati il 17 giugno allo stadio Atzeca sono rimasti impressi nella storia come la “Partita del secolo”, e la copertina di quel match è sua, anche se in finale ci andarono gli italiani. Nonostante una spalla lussata, il capitano, direttore d’orchestra e simbolo di un’intera nazione, è rimasto in campo con un’inevitabile fasciatura per più di mezzora per non lasciare i compagni in dieci. Il livello della sua prestazione non calò di una virgola, anche con un braccio in meno. L’essenza del calcio in una foto: classe, eleganza, intelligenza, carisma e leadership, tutti elementi che emergono chiaramente in una manciata di pixel.
IL KAISER ALL’INTER
Una leggenda del Calcio che non abbiamo potuto ammirare in Serie A per questioni burocratiche, quando nel 1966, dopo l’incredibile uscita dal Mondiale inglese degli Azzurri per mano della Corea del Nord, i vertici dirigenziali decisero di chiudere le frontiere agli stranieri per esaltare il vivaio nostrano. Una scelta che fu premiata anni dopo, ma che ci impedì di godere di campioni nel nostro campionato, proprio come Beckenbauer che proprio nel 1966 aveva un accordo con l’Inter, reduce da due vittorie consecutive nella Coppa dei Campioni. Un matrimonio tra i nerazzurri e i calciatori tedeschi che comunque si consumò vent’anni più tardi, quando i vari Brehme, Matthaus e Kilnsmann che visero tanto con l’Inter e con la nazionale, in particolare il Mondiale di Italia ’90. Indovinate chi allenava quella Germania? Franz Beckenbauer.
(Credits: Getty Images)